Cuba, il sogno del caribe

 


Non basterebbero mille termini per descrivere quest'isola che abbiamo parzialmente visitato, restando però ammaliati da subito dalla sua fiera gente, dalla bellezza indescrivibile del suo mare, dai suoi magnifici edifici coloniali, dal suo rigoglioso interno, dalla sua onnipresente musica. L'isola cambia continuamente a livello turistico, elevando lo standard qualitativo dei suoi servizi e diversificando l'offerta. All'epoca del nostro viaggio ad esempio non esistevano case particular e paladares, o perlomeno, le poche che c'erano erano illegali, ma Cuba mantiene comunque inalterate nel tempo quelle prerogative che la contraddistinguono, rendendola una meta di viaggio a trecentosessanta gradi, ed un posto unico al mondo, dove sicuramente prima o poi torneremo, in quanto non è facile scordare un amore come quello che ci lega alla stessa ed alla sua popolazione.

Il mio racconto di viaggio


L'Isla Rebelde

E' pomeriggio quando dai finestrini del nostro aereo scorgiamo le terre cubane, ed il pensiero vola per un istante alle mitiche gesta della rivoluzione, ai “barbudos” di Fidel, a Camilo, al "Che", alla battaglia di Santa Clara. Ma questa è un'altra storia, ovviamente ben più importante. La nostra inizia il 5 Agosto 1995 all'aeroporto Josè Martì dell'Havana, che mostra subito ai passeggeri in arrivo, la realtà dell' isola di Castro. Inesorabilmente troviamo ad attenderci delle strutture fatiscenti, ed una lunghissima coda alla dogana. Fuori dall'aeroporto, come in tutte le grandi città del resto, si viene letteralmente assaliti da una miriade di taxisti regolari e non, desiderosi di condurti in città. Nel nostro caso usufruiamo dei servizi di una trentenne cubana, che in cambio di quindici bigliettoni verdi, ci scorazza sulla sua Lada sovietica dall'aeroporto all'Hotel Plaza, ubicato ad un angolo del Parque Central nel centro dell'Havana Vieja.

Viaggiando nelle capitali dei paesi meno sviluppati economicamente, spesso si resta colpiti dal forte impatto che si avverte quando, lasciato da pochi metri l'aeroporto, ci si avventura nel cuore della città, percependo immediatamente le molteplici differenze con le metropoli occidentali. L'Havana le supera tutte, perché fuori dall'aeroporto ci si trova catapultati in un mondo senza tempo, dove le strade sono affollate da biciclette ed automobili anni '50, dove i muri sono imbrattati da slogan inneggianti la "Revolucion", dove le pubblicità, rimarchevoli simboli del nostro squallido consumismo, sono del tutto assenti. Ma quando, una volta superata Plaza de la Revolucion, sulla quale spicca una gigantesca immagine del Che Guevara, ci si addentra nel cuore dell'Havana vecchia, si capisce ancor più come alle soglie del duemila, si possa ridurre una nazione in ginocchio, solo perché questa abbia ventilato ambiziosi pensieri di "libertà". L'Havana vecchia cade letteralmente a pezzi, i palazzi crollano, nonostante sia stata dichiarata dall'Unesco patrimonio culturale dell'umanità e sia stato varato un grandioso piano di restauro.

L'Hotel Plaza, con i suoi stucchi e le sue decorazioni, spicca nel cuore della città vecchia. La sua hall, con tanto di pianista e lunghissimo bancone di legno al bar, crea un'atmosfera sensazionale. Il tempo di sistemare i bagagli nella nostra camera dall'altissimo soffitto, arredata con mobili antichi in legno scuro, ed io e la mia metà siamo già catapultati nel cuore della "magica Habana". Con guida alla mano, occhiali da sole, ed ansia di scoprire tutto ciò che ci circonda, percorriamo dopo aver superato il mitico "Floridita", la lunga Calle Obispo, assaliti da una moltitudine di persone desiderose di farci da guida, perché qui purtroppo, per accaparrarsi gli ambitissimi dollari, la gente s’improvvisa nei più disparati tipi di mestieri.

Intorno alle 18 ci sediamo su una panchina della bellissima Plaza de Armas, tipica piazza quadrata in stile coloniale spagnolo, abbellita da giardini e monumento dedicato a Carlos Manuel de Cespades, il proprietario terriero che nel 1868 diede il via con successo alla prima effettiva rivolta contro il colonialismo spagnolo. Qui facciamo la conoscenza di un ragazzo che, tra il suo ed il nostro imbarazzo, ci accompagnerà in giro per la città. Nel corso della nostra passeggiata, ci rendiamo conto sempre di più delle reali condizioni di vita del fiero popolo cubano, della sua folle corsa quotidiana per la sopravvivenza, della sua semplicità.

Il Malecon (lungomare) dell'Havana è qualcosa di straordinariamente spettacolare. Questa passeggiata che si snoda per qualche chilometro, sotto un sole che mette alla prova anche il più inguaribile amante della tintarella, è il luogo di ritrovo delle giovani coppie habanere, di famiglie che si ritrovano dopo diversi giorni di lavoro in qualche parte dell'isola, dei bambini che fanno il bagno in mare muniti di vecchi copertoni, di turisti come noi. Le case al di là della strada, sebbene fatiscenti, sono particolari in quanto i loro abitanti le hanno pitturate con delle vernici dagli svariati colori, conferendo in questo modo un tocco d’originalità al malecon, che appare ai visitatori come un lungo teatrino di cartapesta. Girovagando per le strade dell'Havana, si viene inevitabilmente colpiti da un altro aspetto contemporaneo, che purtroppo ha ben poco a che vedere con i nobili intenti della rivoluzione: la prostituzione! E' un fenomeno dilagante in questo periodo a Cuba, in quanto la povertà è cosa assai difficile da digerire e fa davvero impressione vedere quest'omoni di mezza età, dal portafoglio probabilmente gonfio, spassarsela assiduamente con belle ragazze, che potrebbero essere le loro figlie. L’incontriamo ovunque, dai ristoranti ai bar, dai musei alla hall del nostro hotel, ma la cosa che più ci stupisce, pur avendo già vissuto situazioni analoghe in altri paesi come la Thailandia, è la differenza del tipo di prostituzione, visto che qui i maialoni europei non cercano solo il momentaneo piacere erotico con una giovane dolcezza locale, ma una vera e propria amante, che li accompagni ovunque durante il loro soggiorno cubano. Così, c'è chi torna periodicamente a Cuba per spassarsela una quindicina di giorni in un posto favoloso, allegro e dal mare incantevole, con la sicurezza di non esser mai solo, e chi torna poiché qui ha lasciato in prestito il cuore a qualche calorosa e dolce ragazza, che lo aspetta impaziente a braccia aperte e che, in qualche caso... si consola con il prossimo di turno! Intorno alle 19,30, sudati e stanchi, giungiamo con il nostro amico quasi alla fine del lungomare, nei pressi del quartiere denominato "Vedado", all’inizio del quale spicca l'imponente sagoma dell'Hotel Nacional, il più lussuoso, elegante e caro di tutta l'isola. Da qui, volgendo lo sguardo indietro lungo la strada percorsa, si resta incantanti dal panorama offerto dal malecon, intriso dalla forte luce creata dal sole basso, che lentamente si sta addormentando nel golfo del Messico. Risaliamo la "Rampa" in direzione dell'Habana Libre, storico Hotel nel quale ha soggiornato anche Fidel Castro subito dopo il trionfo della Rivoluzione, e nel quale pensiamo di dormire anche noi il giorno 15, al ritorno dall'isola di Cayo Largo, la nostra prossima meta. Il proibitivo prezzo di 100 dollari, e la scadente struttura dell'Hotel Capri nelle vicinanze, ci faranno optare per la conferma del Plaza nell'Havana Vieja, dove tutt'ora siamo sistemati. A dire il vero, il nostro amico ci ha proposto l'alternativa di una casa privata cubana, ma probabilmente siamo stati sfortunati nella proposta, considerato che al delizioso aspetto esteriore, si contrapponeva un inquietante interno. Salutiamo il ragazzo regalandogli qualche dollaro e restiamo qualche minuto seduti sul bordo della lunghissima calle 13, il cui inizio viene denominato "rampa", da dove osserviamo le lunghe code di persone in attesa dei particolarissimi autobus, che i locali chiamano "camejos", i quali non sembrano altro che delle motrici di tir, alle quali sono stati agganciati dei rimorchi vetrati, per trasportare i passeggeri.

La gente in coda alle fermate, viene ordinatamente fatta salire sui "camejos" da dei personaggi vestiti in giallo, il cui compito è proprio quello di disciplinare la fila, evitando così il problema del fatidico numeretto, assai diffuso nelle nostrane tavole calde. Dopo esser stati avvicinati da un tizio che voleva proporci un albergo economico (chissà come ha saputo che lo cercavamo), con un taxi ci spostiamo nel quartiere residenziale della capitale denominato "Miramar", per cenare al ristorante La Cecilia. Assaggiamo quindi per la prima volta, la tanto decantata cucina criolla, della quale apprezziamo molto una delle specialità dell'isola: "moros y cristianos", ovvero riso e fagioli neri, conditi con piccoli pezzi di carne di maiale. Particolarmente interessanti, sono anche delle banane non dolci, fritte, tagliate a rondelle, e servite come contorno. A fine cena torniamo nella vecchia Havana e ci facciamo condurre nel bar più famoso di tutta Cuba: "La Bodeguita del Medio". La fila, in quello che una volta era il rifugio del grande Hemingway, arriva sin fuori il locale, ed il famoso "mojto", composto da Rhum, succo di limone, zucchero e foglie di "hierbabuena" (particolare tipo di menta fresca), è servito a fiumi. Dopo aver dato il nostro modesto contributo, al consumo del notevole "ron" cubano, andiamo ad addormentarci in uno degli ultimi paesi socialisti del 1995. Il mattino seguente, il nostro risveglio è allietato da una piacevole colazione servita su un alto terrazzo, dal quale si gode uno stupendo panorama della vecchia Havana assolata.

Decidiamo di ripercorrere la medesima strada del precedente giorno, anche per filmare con più tempo a disposizione la capitale cubana. L'addentrarsi nei vicoli solitari dell'Habana vieja, offre al visitatore una sensazione particolare, in quanto si riesce a percepire al di fuori dei consueti giri turistici, come vive il popolo di Fidel Castro. Scorgiamo qua e là botteghe per la riparazione di biciclette, panifici, persone con la tessera in coda davanti ai negozi, piccoli bambini di colore intenti nei loro giochi pronti a chiederti un "cicle", ma soprattutto notevoli edifici in stile coloniale disastrati. Il tutto condito con il contorno perenne di musica salsa, che fuoriesce dalla maggior parte delle finestre. Visitiamo il Castillo de la Real Fuerza, massiccio forte dalle mura alte circa dieci metri, che fu costruito nel 1558 a difesa del porto dell’Havana e sulla cui torre svetta una copia della “girardilla”, la statua in bronzo raffigurante una nobildonna del seicento, divenuta negli anni il simbolo stesso della città, e riprodotta tra l’altro sulle etichette del rhum Havana Club. Dopo aver passeggiato lungo il canale che fiancheggia il porto, verso l'ora di pranzo stuzzichiamo qualcosa al ristorante "El Patio", di fronte alla splendida cattedrale barocca terminata nel 1777, oggi conosciuta come Catedral de San Cristobal de la Havana, la quale ospitò tra l’altro i resti di Cristoforo Colombo dal 1796 al 1898. Il nostro pasto è allietato da un complessino improvvisato, quasi a sottolineare ancora una volta la musicalità della capitale cubana. E’ sensazionale come con pochi strumenti, per lo più composti da percussioni, si possa creare un ritmo così travolgente, un ritmo che diffonde allegria e voglia di vivere, nonostante le tante difficoltà quotidiane. Al nostro tavolo veniamo avvicinati nell’ordine da un abile caricaturista, da almeno tre persone desiderose di venderci per qualche dollaro il biglietto da tre pesos cubani con l’effige del “Che”, e per ultimo da un losco individuo che ci offre beffardamente della cocaina. Nel primo pomeriggio, iniziamo a ripercorrere il malecon dal castillo di San Salvator de la Punta, e tra le varie persone che ci avvicinano, ci fermiamo a conversare una ventina di minuti con due graziose adolescenti di colore, attratte dai fermagli e dalla maglietta di mia moglie.

Ci scrivono il loro indirizzo (Campanario # 68 % Lagunas y San Lazaro), con la speranza che possiamo spedirgli qualche indumento dall'Italia e ci raccontano tra la nostra incredulità, che la loro cantante preferita è nientemeno che Laura Pausini, di cui intonano le principali canzoni. Il Malecon nonostante la sua bruttezza attrae, ed a costo di sembrare ripetitivo, consiglio spassionatamente a chi si reca in visita a Cuba, di effettuare almeno una passeggiata sul lungomare dell'Havana, poiché è un esperienza fuori dal comune, almeno fino a quando non tramonta il sole, considerato che la sera purtroppo si trasforma in un luogo più o meno equivoco. La nostra prossima tappa, è ancora una volta l'imponente Habana Libre, in quanto ci occorrono le batterie per la macchina fotografica e questo è forse l'unico posto in città dove si possono facilmente reperire, così com’è l'unico posto, dove si possono prelevare dollari con la carta di credito, ovviamente se la stessa non fa parte dei circuiti statunitensi. Infatti l'Hotel possiede il più fornito negozio per turisti (tienda) di tutta l'Havana, nel quale però i cubani, sono praticamente out. Fa impressione tra l'altro, il notevole dispiegamento di forze della polizia turistica nelle adiacenze dell'Hotel e l'innumerevole quantità di taxi turistici. All'Habana Libre, ci si rende conto che a Cuba vige una netta separazione tra il turista ed il popolo cubano. Per il turista “all inclusive”, il lato positivo di una vacanza a Cuba è rappresentato dalla sicurezza, in quanto raramente si corre il rischio di essere molestati, considerata la costante presenza della polizia turistica, ma l'aspetto negativo è dato dal fatto che chi viaggia autonomamente, non può calarsi totalmente nella realtà del paese, in quanto ristoranti, bar e negozi pubblici, sono divisi in quelli per i cubani, nei quali si paga in pesos (moneta locale ed illegale per i turisti), ed in quelli per gli stranieri, nei quali si paga esclusivamente in dollari, ed in dollari convertibili, ovvero delle monete cartacee corrispondenti ai dollari, stampate appositamente a Cuba, per fronteggiare la mancanza di biglietti verdi. L'alternativa sempre crescente sull'isola, per stare a contatto con la gente locale, è quella di frequentare pur "illegalmente" le case private cubane, sia per dormire che per mangiare, spendendo un decimo di quello che si spende nei vari hotel e ristoranti, fornendo un concreto aiuto economico alle famiglie, comunque sempre bisognose, ed instaurando nella "maggior parte dei casi", un vero rapporto umano. Già, nella maggior parte dei casi, visto che c'è il concreto rischio di esser derubati, come in realtà abbiamo sentito da qualcuno, forse un pò troppo ingenuo. Ma questo è il rovescio della medaglia, che colpisce soprattutto chi ingenuamente, si fida del primo conosciuto. Comunque oggi, ad Agosto '95, questi fenomeni considerati illegali, stanno rapidamente diffondendosi, tanto che credo che il governo cubano dovrà quanto prima esaminare l'opportunità di legalizzarli. Dopo aver fortunatamente cambiato le batterie alla nostra ormai fedele compagna di viaggio "Yashica", proseguiamo il nostro tour de force alla volta della immensa Plaza de la Revolucion, distante dall'Habana Libre ad occhio e croce, circa due, o tre chilometri. Dalla “rampa”, imbocchiamo sulla sinistra la calle L, situata di fronte alla gelateria Coppelia, famoso ritrovo della gioventù habanera, che per nostra sfortuna oggi abbiamo trovato chiusa. Durante il percorso, condito da un’improvvisa spruzzatina di pioggia, poco prima di giungere nei pressi dell’università notiamo diverse belle ville abbandonate, appartenute senza dubbio a facoltosi americani o ad esponenti della ricca borghesia filo-Batista, nel periodo antecedente la rivoluzione, quando l'isola famosa tra l'altro per le sue case da gioco, veniva chiamata "il bordello dei caraibi". E' una sensazione difficile da raccontare, quella che si prova vedendo queste splendide e decadenti ville deserte, vicino a dei bambini a torso nudo che giocano scalzi con delle semplici cose, ma che appaiono comunque felici. Loro hanno un’istruzione, il governo gli offre la possibilità di studiare gratuitamente fino alla laurea, sull’isola non ci sono le malattie diffuse in buona parte dell’America Latina, poiché i cubani godono di un sistema sanitario all’avanguardia e, anche in questo caso, completamente gratuito. Credo che forse nessun altro paese del terzo mondo, possa annoverare un centro come quello “Ibero-Latino Americano de Neurotrasplante”, famoso in tutto il mondo per la cura dei morbi di Parkinson ed Alzheimer, delle lesioni del midollo spinale e del cervello. Ma a Cuba purtroppo mancano i beni di primaria necessità. Forse non tutto, per colpa di qualcuno è riuscito! Forse, anche qualcun'altro ha comunque commesso degli errori! Chissà cosa penserebbe attualmente della sua Cuba, il mitico "Che" Guevara, che troviamo qualche centinaio di metri più avanti, raffigurato sull’intera facciata di un edificio ministeriale in Plaza de la Revolucion. Molta gente da noi incontrata in questi due giorni, anche se ha avuto alla base un'educazione forse straordinaria, non eccede in ideali ed onestà (pur mantenendo una notevole signorilità), poiché purtroppo nelle condizioni attuali, è costretta suo malgrado, a fare i conti quotidianamente con la peggior nemica della dignità umana: "madame miseria". Sono convinto che noi viziati figli del benessere, abbiamo comunque ancora molto da imparare. Restiamo qualche minuto fermi in Piazza della Rivoluzione, sede delle più grandi manifestazioni di massa della Cuba castrista, con lo sguardo rivolto verso il pannello che raffigura il “Che”, dopodiché scattiamo qualche foto di rito da sotto l’obelisco alto 140 metri dedicato a Josè Martì , l’eroe cubano per eccellenza.

Martì merita a tutti gli effetti di essere annoverato tra i più grandi uomini di sempre dell’America Latina. Egli fu l’organizzatore politico dell’indipendenza cubana dal colonialismo spagnolo, ed intuì quasi un secolo prima della rivoluzione castrista, la minaccia imperialista degli Stati Uniti d’America nelle Antille, ed in tutto il sudamerica. Ma il più grande progetto di quello che fu uno scrittore, poeta (le prime parole della celebre “Guantanamera” sono suoi versi) e giornalista, resta l’idea della liberazione dai colonialisti non solo di Cuba, ma di tutta l’America Latina, un continente nel quale secondo Martì, avrebbero potuto convivere liberamente, e con pari opportunità, tutte le varie razze che vi abitano. Morì nel 1895 a soli 42 anni in uno scontro contro l’esercito spagnolo, praticamente agli inizi della seconda guerra per l’indipendenza, ma i suoi scritti e le sue tesi saranno spesso letti e citati anche dai massimi esponenti dell’attuale governo cubano rivoluzionario. Sono circa le sette di sera, quando da Plaza de La Revolucion, ci spostiamo in taxi in Hotel, per una strameritata doccia. Verso le dieci, dopo un'estenuante fila, ceniamo alla Bodeguita del Medio, che con l'avvento del turismo, si è trasformata anche in un ottimo ristorante dalla notevole cucina criolla e dall'impareggiabile atmosfera.

Per la cronaca, ottimi i "chicharrones de cerdo" (parti grasse del maiale fritte), oltre agli immancabili "moros y cristianos", ottimo il duo in chitarra, che esegue svariate volte "Guantanamera" e " Besame Mucho", ottimo il "Mojto", eccellente in tutto il suo complesso, la turistica "Bodeguita del Medio", letteralmente cosparsa da centinaia di fotografie e firme, delle celebrità di tutto il mondo. Il giorno dopo, è d'obbligo una tappa al commovente museo de la Revolucion. Quadri, ritagli di giornali, fotografie e cimeli originali della recente storia cubana, da Josè Martì sino ai nostri giorni, con un occhio di riguardo, ovviamente per la "Revolucion". Ci sono anche due statue in cera, straordinariamente raffiguranti Camilo Cinfuegos e Che guevara, i due principali leader che trionfarono assieme a Castro nella vittoria contro il dittatore Batista. Credo che l’attuale Cuba avrebbe avuto fortemente bisogno delle forti personalità dei due famosi “barbudos”, ma purtroppo Camilo morì in un incidente aereo appena undici mesi dopo il trionfo della rivoluzione, ed il “Che”…beh, sappiamo tutti come il 9 Ottobre 1967, una raffica di mitra nella scuola boliviana de La Higueras, abbia spento la luce che stava illuminando la dignità dei popoli latinoamericani. Dopo aver trascorso almeno un paio d’ore nel museo, scendiamo nel giardino sottostante, dove troviamo esposti vari aerei ed automobili dell'epoca rivoluzionaria, nonché, dulcis in fundo, in una teca di vetro ben custodita, il leggendario “Gramna”, lo yacht con il quale nel 1956, Fidel Castro ed i suoi rivoluzionari salparono dal porto di Tuxpan in Messico, per liberare Cuba dalla dittatura di Fulgencio Batista. Usciti del museo passeggiamo sul vicino Paseo del Prado, costruito nel 1772 sullo spunto dell’omonimo viale di Madrid. Si tratta veramente di un bel viale contornato da lampioni e panchine in ferro battuto, che dal Parque Central, vicino al nostro hotel, conduce all’inizio del malecon. Nel tardo pomeriggio, dopo un tramezzino, ed una pioggia torrenziale, voliamo alla volta di Cayo Largo nell’arcipelago delle Canarreos in pieno Mar dei Caraibi, su un aereo "muy particular". Dopo circa quaranta minuti di volo atterriamo sull'isola, la cui pista è situata direttamente sul mare. Però.... che mare!!!!!!!

Il ragazzo che si occupa del nostro trasferimento all'Hotel Los Pelicanos, ci rallegra subito dicendoci che da due settimane piove ininterrottamente sull'isola, ed abbiamo concrete possibilità di trascorrere la nostra settimana interamente in camera. Della serie W il gufo!!! In hotel facciamo subito la conoscenza di Gustavo, un cubano che parla perfettamente l'italiano, il quale è a disposizione dei clienti per le loro eventuali necessità. Ci invita a partecipare al classico cocktail di benvenuto in compagnia di due anziane signore, le quali ci raccontano che negli ultimi due mesi hanno girato quasi tutto il Sudamerica e la cui intenzione sarebbe quella di fare snorkeling con noi il giorno seguente. Dopo le classiche ed imbarazzanti scuse di rito, ci dirigiamo gambe levate a contemplare il Mar dei Carabi, che ci regala con i suoi magnifici colori un grande spettacolo, sebbene siano ormai le sette di sera, ed il mare è leggermente increspato per via di uno dei tanti cicloni stagionali, abbattutosi sulle coste cubane, circa due settimane or sono. Malgrado il gufo, trascorriamo una settimana da sogno a Cayo Largo, un'isola nella quale basta allontanarsi poche centinaia di metri dai quattro unici complessi alberghieri (raggruppati a poche centinaia di metri l’uno dall'altro), per trovarsi in completa solitudine su chilometri di spiaggia di un candore abbagliante, bagnata da un mare dai riflessi di smeraldo, i cui depliant che avevamo sfogliato prima della partenza non rendono minimamente giustizia. Giornalmente effettuiamo passeggiando lungo il mare, i sette chilometri che separano il nostro hotel da Playa Sirena, la spiaggia più famosa, più bella e sicuramente più affollata dell'isola. Visto che praticamente tutti i turisti di Cayo Largo preferiscono raggiungere Playa Sirena con dei bus-navetta, che fanno giornalmente la spola tra gli alberghi e la banchina dove ci si imbarca per un breve tragitto per raggiungerla, inevitabilmente il lungo tratto di arida spiaggia che separa la rinomata spiaggia dagli Hotel, si trasforma in una specie di isola deserta, nella quale possiamo toglierci la soddisfazione di fare il bagno nudi in un mare dalle acque incontaminate, con l’esclusiva ed unica compagnia di qualche enorme pellicano.

Quando passeggiando, cominciamo a scorgere in lontananza le prime sagome umane, capiamo che siamo ormai arrivati a Playa Sirena, spiaggia di indiscutibile bellezza, nella quale però se non fosse per il mare da sogno, si avrebbe la netta sensazione di trovarsi in una qualsiasi spiaggia pubblica italiana, considerata la notevole affluenza di nostri connazionali. Poco distanti da Playa Sirena ci sono un paio di ristoranti (affollati prevalentemente da turisti partecipanti alle gite giornaliere in aereo, dall'Havana e Varadero), che servono aragoste, gamberoni, ed altre specialità di mare. Vicino al pontile di Playa Sirena vengono proposte anche diverse escursioni a pagamento. Decidiamo di partecipare a quella che offre un giro di Cayo Iguana, uno splendido isolotto deserto in pieno Caribe, abitato unicamente da questi animali, che si avvicinano a prendere il cibo direttamente dalle mani dei turisti. Le iguane sono state trapiantate qui diversi anni or sono e si sono riprodotte a centinaia, trovando probabilmente un habitat a loro congeniale.

A Cayo Largo effettuiamo anche la nostra prima immersione freschi di brevetto. E' giunta l'ora di goderci i sacrifici invernali. Alle 10 del mattino del nostro quarto giorno di permanenza, a mollo in un brodo di giada, al segnale dell'istruttore cubano sgonfiamo il gav, compensando e scendendo lentamente in un mondo incantato. Cernie, razze, branchi di barracuda, di pesci angelo e pappagallo lo rendono completamento diverso dall'anonimo mare al quale eravamo abituati. Cinquanta minuti di immersione a 23 metri di profondità per sognare, e per finire inevitabilmente l'aria della bombola da gran pivello, ma ne è valsa sicuramente la pena, anche se devo ammettere che ci sono stati dei minuti di gran paura. Forse il nostro istruttore, non facendoci risalire nell’istante in cui ho iniziato a fargli i gesti convenzionali, e passandomi il suo erogatore solo al mio segnale definitivo di mancanza d'aria, è stato un pò troppo ardito, o forse siamo noi che ragioniamo troppo da dilettanti, comunque ormai è andata, ed è anche questa un'esperienza da raccontare. Il giorno 15 con una grande malinconia, e con dei ricordi che ci accompagneranno per il resto della nostra vita, lasciamo quel mondo incantato di Cayo Largo, per volare nuovamente alla volta dell'Havana. Posati i bagagli all'hotel Plaza, ci dirigiamo in taxi presso l'Havana Tour, un'agenzia di Viaggi sulla "rampa" dove prenotiamo un volo per Santiago de Cuba al nostro ritorno dal Messico, dove voleremo domattina, dopodiché ci dirigiamo al Castillo del Morro, attraversando il tunnel sottomarino di settecento metri, che divide lo stesso dal resto della città. Il castello fu progettato assieme a quello di San Salvador de la Punta (situato esattamente all’opposto del canale), nientemeno che dall’architetto italiano Battista Antonelli per conto del governatore spagnolo dell’isola, al fine di difendere l’Havana dagli attacchi dei pirati. Le due fortezze rappresentavano il primo punto di difesa dell’Havana, ed in caso di imminente pericolo, veniva tesa tra le stesse una catena, allo scopo di impedire l’accesso al canale. Terminato il nostro giro nel castello, visitiamo l’adiacente Fortaleza de la Cabana, imponente fortezza la cui costruzione ebbe inizio nel 1764, dopo il ritiro delle truppe inglesi che, dopo ben 44 giorni di assedio, due anni primi espugnarono il Castillo del Morro, prendendo possesso della città. La Fortaleza de la Cabana divenne un po’ il simbolo difensivo dell’Havana, tanto che a quei tempi, un colpo di cannone sparato dalla fortezza, simboleggiava il segnale di allarme per un imminente attacco nemico, con la conseguente chiusura delle porte della città e lo sbarramento dell’adiacente canale di accesso al porto. Nel nostro secolo fu usata anche come prigione dopo il trionfo della rivoluzione, tanto che oggigiorno il pezzo forte della fortezza, sono gli uffici dove lavorò con il grado di comandante il “Che” Guevara, con tanto di scrivania originale, oggetti privati e varie toccanti foto che ci vengono illustrate in completa solitudine, da una giovane custode, apparentemente emozionata quanto noi, la quale non usa mai il termine “Che”, ma sempre “El comandante”. Per degli inguaribili romantici come noi, sono quei momenti nella vita in cui la commozione raggiunge l'apice e riesci a stento a trattenere le lacrime. Aspettiamo seduti lungo le mura della fortezza che il sole si corichi nel golfo del Messico, facendoci (semmai ce ne fosse bisogno) sognare, ed alle nove in punto assistiamo in compagnia di numerosi cubani alla sparo del quotidiano colpo di cannone. Essendo Ferragosto, legati come siamo alle nostre tradizioni, la sera decidiamo di cenare in uno dei migliori ristoranti dell' Havana: El Floridita. Un tempo solo bar, frequentato dal solito Hemingway che sembrava non perdersene uno, e che lo ha reso celebre citando nei suoi romanzi l’eccezionale daiquiri, la specialità della casa, oggi si è trasformato nell'unico locale dell'isola capace di guadagnarsi di diritto un posto nella speciale classifica dei migliori ristoranti del mondo. Eccellente paella, ottimi crostacei alla griglia, discreto vino cileno, gustosa frutta tropicale saltata al Rhum, ed immancabile quartetto musicale abile nel creare la giusta atmosfera romantica cantandoci "Besame mucho". Una serata davvero indimenticabile, per la modica e “popolare” somma di 120 dollari americani. Mica male però per un paese socialista.


Nel corso del medesimo viaggio, con un volo della Mexicana de Aviacion abbiamo lasciato all'indomani Cuba per raggiungere lo Yucatan e successivamente il Belize, dove siamo stati complessivamente una ventina di giorni. Se siete interessati a seguire il racconto nella terra dei Maya cliccate qui altrimenti il racconto cubano continua sotto, al nostro ritorno dallo Yucatan.

Ed è ancora Cuba

Tutto secondo copione. I ragazzi dell’agenzia di San Pedro avevano perfettamente ragione. Il primo Settembre alle 8,40 siamo già all’interno dell’aeroporto di Chetumal, in attesa che alle 9,50 decolli il nostro volo per Cancun. L’Aerocaribe è puntuale, e alle undici circa atterriamo all'aeroporto della turistica città messicana dove lasciamo i bagagli al deposito, per trascorrere il primo pomeriggio al fresco dell’aria condizionata di qualche centro commerciale, del quale ci eravamo dimenticati letteralmente l’esistenza. Alle 18 in punto l'aereo della Mexicana lascia la città caraibica, mentre noi lasciamo in questa parte di mondo un frammento del nostro cuore. Nelle due ore di volo verso l'Havana, brinderemo in preda all'euforia con un whisky, ad un nostro possibile futuro ritorno in queste straordinarie terre. Per effetto del fuso orario, sono le ventidue quando l'aereo atterra all'aeroporto Josè Martì, e questa volta forse per l'ora tarda, le formalità doganali risultano più agevoli della volta precedente, tanto che in una decina di minuti, siamo già fuori a contrattare una corsa in taxi per l'ormai familiare Hotel Plaza. Il mattino seguente sveglia alle cinque, in quanto abbiamo l'aereo alle sette per Santiago de Cuba, città situata nella parte opposta dell'isola. All'aeroporto però l'amara sorpresa. Causa problemi tecnici, il volo è stato spostato alle tredici, il che per noi equivale a mezza giornata persa. Altro taxi, ed altri quindici dollari per giungere all'agenzia Havana Tour, dove chiediamo il rimborso del volo, ma ci rispondono che proprio non possono, ed allora decidiamo di cambiare programma, anche perché capiamo che siamo forse un pò stanchi, e prenotiamo tramite la stessa agenzia gli ultimi quattro giorni del nostro movimentato viaggio nella località turistica cubana per antonomasia: Varadero. Mai e poi mai avremmo pensato di arrivare sin qui, in questa spiaggia lunga circa venti chilometri da sempre consacrata al turismo di massa, e regno incontrastato (dalla fine degli anni venti fino al trionfo della rivoluzione) del miliardario americano Du Pont de Nemours, il quale astutamente comprò ettari di terreno per pochi soldi, per poi rivenderli ricavandone tantissimo. Ma Varadero però ci sorprende. Quello che per molti rappresenta il bordello di Cuba, per noi significa solo acqua cristallina, un’immensa e candida spiaggia bordata di palme, salsa, allegria e relax allo stato puro. L'hotel Sol Palmeras, nel quale alloggiamo, si dimostra di standard internazionale, ed i quindici dollari del suo ricco buffet serale sono strameritati. In una giornata riusciremo a trascorrere addirittura sette ore di seguito in acqua, poiché anche qui, come in tutti i posti che abbiamo toccato in questo viaggio, il mare è a dir poco eccezionale, e nel tratto sottostante il piccolo promontorio adiacente l'hotel Melia Varadero, si presta alle macchine fotografiche quasi invitandole a scattare una “cartolina”. Noi non vedremo la Varadero notturna tanto cara ai turisti europei, se non in occasione di uno spettacolo di cabaret presso l'hotel International, ma Varadero, è giusto precisarlo, non rende minimamente l'idea di ciò che è Cuba attualmente, perché qui tutto è velato dietro il luccichio turistico. Una cosa è certa, chi cerca compagnia, qui sicuramente la troverà. Questo è il caso per esempio di due nostri connazionali sulla cinquantina, che conosciamo durante una massacrante gita di un giorno alla cittadina coloniale di Trinidad. I due modenesi, regolarmente sposati, appartengono a quelle coppie che amano partire per le vacanze separatamente dai rispettivi coniugi. Così, giunti turisticamente nella tanto rinomata Varadero nel mese di Febbraio, ci sono ritornati ad Agosto, ovviamente sempre in solitudine, per ritrovare le loro conquiste cubane, delle quali decantano a non finire le doti. La cittadina coloniale di Trinidad, distante da Varedero circa quattro ore di macchina, è splendidamente conservata, in quanto per la sua scomoda posizione, rimase nel nostro secolo isolata dal paese, mantenendo in questo modo pressoché inalterata la sua struttura originale. Una volta giunti sul posto, iniziamo la nostra visita dalla splendida Piazza Mayor, vero fulcro del paese, contornata da palme reali, inferriate, giardini, e splendidi edifici.

E’ bello passeggiare tra le stradine ciottolate di Trinidad, dove le case color pastello presentano splendide finestre in ferro battuto, dove passano ancora i calessi trainati dai cavalli che nitrendo sfiorano i lampioni in ghisa, ma può essere un pò sconvolgere dal lato umano, con le decine e decine di bambini di colore a piedi nudi, che inseguono per le tortuose stradine il benestante turista, al fine di farsi regalare qualcosa. Qui forse si vede la vera anima dell'attuale Cuba, una nazione orgogliosa, ma forse stanca della fame, una nazione che, soprattutto nei giovani i quali probabilmente si paragonano ai loro coetanei turisti, manifesta apertamente il proprio malcontento, il proprio disagio, la propria rabbia, una nazione che attualmente sta facendo i salti mortali. Qui i bisognosi bambini di pochi anni, vedono nel turista una fonte di sopravvivenza, come ad esempio un bimbo piccolissimo che da dietro le grate del ristorante nel quale pranziamo ci chiede un succo di frutta.

Sappiamo quanto sia sbagliato, ma stiamo consumando un pranzo turistico che decisamente non ci piace, e non possiamo esimerci dal porgerglielo, osservando con il cuore in mano come lo ingurgiti con inaudita voracità, così vediamo seguirci ad ogni angolo del paese quattro bambini che, appena arrivati in paese, ci hanno dato il loro indirizzo per spedirgli qualcosa dall'Italia. Colpisce Trinidad, probabilmente più di quanto colpisca alla testa la squisita "Canchanchera", tipica bevanda del paese a base di estratto di canna non distillato, succo di limone e miele. Dopo aver visitato una fabbrica di sigari, nel primo pomeriggio lasciamo la città coloniale, dichiarata dall'unesco patrimonio culturale dell'umanità, per dirigerci alla volta di Cienfuegos, anonima città dal passato illustre, abitata un tempo prevalentemente da ricchi proprietari terrieri, come testimoniano i bellissimi e caratteristici palazzi che la circondano. Raggiungiamo in serata Varadero, con il peso di otto ore di minivan e le immagini nella testa di chi, al di fuori di questo fittizio mondo dorato, combatte quotidianamente contro la fame. E' il caso della nostra guida, che ci ha raccontato a pranzo di come sia costretta per pochi soldi a sopportare suo malgrado, stupide ed infantili battute sul degrado dell'isola da parte dei molti turisti che quotidianamente accompagna, i quali con ogni probabilità, non hanno mai avuto nella propria vita problemi economici. Il giorno seguente alle tredici, dopo aver sorseggiato per l'ultima volta il "Sol Palmeras", l'eccellente e colorato cocktail dell'hotel, lasciamo Varadero ed il suo splendido mare per dirigerci all'aeroporto dell'Havana, dove il nostro aereo è già pronto per decollare verso l'Italia. Il nostro viaggio è finito, si ritorna al grigio benessere della nostra vita quotidiana fatta di lavoro, di stress, di malcontenti, di ipocrisie, lontani dall’incanto dei siti Maya dello Yucatan, dai cayes corallini del Belize, dal fascino decadente di Cuba e della sua straordinaria gente, ormai racchiusi per sempre nei nostri ricordi e nei nostri cuori .

 

Visitate anche la pagina della nostra nuova Esperienza cubana del 2003

e la pagina con le foto e l'itinerario centro-occidentale, che suggerisco

 

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