Virgin Islands, un viaggio lungo un sogno

Esiste qualcosa d’ineluttabile, che sovente m’induce a tornare negli stessi posti, talvolta senza comprenderne pienamente le motivazioni, ma oggi, osservando a distanza di breve tempo gli scatti fotografici effettuati alle Isole Vergini, comprendo forse ancor meglio perché ho scelto di viaggiare per due anni consecutivi nel medesimo fantastico arcipelago.

E dire che la meta non è propriamente economica, nulla a che vedere, per intenderci, con il sud est asiatico, ma nemmeno così proibitiva, specie in estate, quando i prezzi delle strutture sono quasi dimezzate rispetto ai mesi invernali.

Certo, il costo della vacanza, com’è logico, può dipendere molto dal biglietto aereo, pertanto, mi risulta difficile fornire una stima approssimativa della spesa complessiva in merito ad un viaggio a quelle latitudini. Ad onor di cronaca, posso invece asserire che gli aeroporti in cui atterrare, entrambi internazionali (ma serviti per lo più da voli provenienti da altri stati caraibici e dagli Stati Uniti, Portorico compresa, - non dall’Europa), sono St. Thomas (sigla STT) nelle Isole Vergini Americane e Beef Island (sigla EIS) a Tortola nelle Isole Vergini Britanniche.

Gli alloggi, in estate, bassa stagione turistica alle Virgin Islands, partono in genere da un minimo di ottanta dollari, e la qualità è direttamente proporzionata al prezzo, ma le strutture sono anche spesso comprensive di cucina completamente attrezzata, così, tanto per intenderci, in circa quaranta giorni complessivi di vacanza tra quest’anno ed il 2011, abbiamo cenato fuori al massimo cinque o sei volte, ammortizzando ovviamente i costi.

Il noleggio di un piccolo fuoristrada, quale una Suzuki Gran Vitara, può variare da 55-70 dollari statunitensi al giorno, dipende molto dall’isola.

Sì, perché disquisendo di Isole Vergini, occorre comunque fare delle doverose alcune distinzioni, in quanto anche alle Vergini (americane e britanniche), esistono isole ed isole, e la vacanza può variare molto a seconda di dove si trascorre il proprio tempo.

Oltre a risparmiare notevolmente, viaggiare durante la nostra estate significa a mio avviso godere di un clima nettamente migliore rispetto ai mesi invernali, nei quali le perturbazioni provenienti dal nord Atlantico tendono a gonfiare il mare ed abbassare le temperature. Certo, in estate l’umidità sale discretamente, ma durante i mesi estivi le giornate propendono anche ad essere quasi sempre soleggiate, ed il mare è notevolmente più caldo, calmo e cristallino. Ovviamente quel periodo annovera anche l’incognita uragani, sebbene le Vergini siano statisticamente abbastanza al di fuori dalla loro rotta, nel senso che la maggior parte delle volte vengono riguardate solo dalla coda più esterna, che provoca al massimo una giornata di maltempo. Nel nostro caso, ad esempio, ad agosto 2011 durante il passaggio di Irene (ancora tempesta tropicale alle Vergini, poi uragano pazzesco da Portorico in poi), abbiamo veramente avuto paura durante una notte, con vento fortissimo che piegava letteralmente le palme e dava l'impressione di spazzar via da un minuto all'altro il nostro cottage. Un vento mai sentito prima, seguito da pioggia intermittente durante il corso della mattina successiva. Poi, il nulla, con i rimanenti 17 giorni pieni di sole e con un mare da urlo. Ricapitolando, se si è disposti a correre il rischio (comunque esistente) uragani, ad agosto si avranno formidabili spiagge completamente deserte, pochissima gente in generale, oltre a non incontrare praticamente quasi mai i nostri connazionali, e per qualcuno potrebbe anche essere un elemento non trascurare.                       .
 

In entrambe i nostri viaggi abbiamo volato su Miami, da cui siamo proseguiti alla volta di St. Thomas nelle UVSI, dove abbiamo soggiornato la prima notte quest’anno e le prime due notti nel 2011. Sull’isola, comunque paesaggisticamente notevole, attraccano quotidianamente numerosi navi da crociera, con le conseguenze che potrete facilmente immaginare, nel senso che le due spiagge più rappresentative, ed in verità altrettanto belle, vale a dire Coki Point e Magens Bay (foto seguente a destra),

 

una delle spiagge più celebrate e fotografate dei Caraibi, tendono a sovraffollarsi grosso modo dalle dieci del mattino alle quindici del pomeriggio. St. Thomas, ed in particolare alcune specifiche e limitate zone della sua minuscola capitale Charlotte Amalie, risentono inoltre anche di alcuni tipici problemi metropolitani, quali prostituzione e piccoli giri incentrati sullo spaccio di stupefacenti.

I nostri due viaggi alle Vergini, secondo i consueti canoni che ci appartengono, li abbiamo quindi articolati principalmente a St. John, autentico gioiello di cui scriverò in seguito, ed alle Isole Vergini Britanniche, spaziando tra Virgin Gorda, Tortola ed Anegada, assai diverse tra loro, anche morfologicamente, (montuose le prime due e classica isola piatta corallina la terza), ma lontane anni luce dal concetto di turismo di massa.

Qui il turista è semplicemente uno straniero, che spesso, se non fosse per il diverso colore  della propria pelle, passerebbe completamente inosservato. Criminalità, furti o rapine, sono elementi del tutto sconosciuti. La gente è generalmente tranquilla e rilassata, inizialmente molto schiva, ma sempre ben disposta ad offrire il proprio aiuto, a scambiare quattro chiacchiere, ed a regalarti un sorriso.


Anegada, piatta isola corallina, deve il suo nome alla fama originata dall’affondamento di oltre 300 navi che, nei secoli scorsi, non riuscirono ad avvistarla per tempo e si schiantarono di conseguenza sull’Horseshoe Reef che la circonda. Lungo la sua unica strada asfaltata, nei suoi sentieri sterrati, ed in prossimità delle spiagge, girano indisturbate giorno e notte decine di mucche, mentre la ricettività alberghiera è estremamente limitata. Se si intende cenare fuori, e qui si è praticamente obbligati a farlo, occorre prenotare entro le sedici, indicando anche cosa si desidera consumare. Sull’isola esistono solo un paio di spacci, i quali vendono pochissime cose, ma sono comunque più che sufficienti per il fabbisogno dei duecento abitanti di Anegada, i quali vivono principalmente a The Settlement, un’invisibile capitale che non si comprende dove inizia e finisce, essendo le proprie rade e colorate casette in legno così distanti tra loro. La specialità dell’isola, oltre alle fantastiche spiagge, è costituita dalle celeberrime aragoste (in quasi tutti i menu delle Vergini, americane e britanniche, troverete sempre la famosa aragosta di Anegada), ma ad Anegada vengono offerte anche quando la pesca è stagionalmente proibita in entrambi gli arcipelaghi al fine di facilitarne la riproduzione, poiché i pochi ristoranti dell’isola possiedono le proprie gabbie in mare aperto, dove ti fanno personalmente scegliere il prelibato crostaceo e te lo arrostiscono sapientemente al barbecue.  Il resto? Un grosso lago salato denominato Flamingo Pond per via della nutrita colonia di fenicotteri che lo popolano, e poi solo spiagge, spiagge, ed ancora spiagge letteralmente deserte, grazie anche ai trasporti poco frequenti, essendo Anegada collegata a Tortola e di conseguenza al resto del mondo via ferry solo tre volte la settimana.

 

 


Virgin Gorda è la classica isola caraibica di un tempo, dove i ritmi scorrono lentissimi e i suoi tremila abitanti sono gente pacifica e cordiale, sul cui volto traspare semplicemente la serenità. Tutti si conoscono, la gente lascia le chiavi attaccate al cruscotto delle automobili e le porte delle case non si chiudono, anzi, in verità nemmeno quelle degli hotel. Ricordo che lo scorso anno, ad esempio, rimasi non poco sorpreso quando chiesi le chiavi del nostro alloggio al gestore, sentendomi rispondere che non esistevano, in quanto sull’isola non si usa serrare le porte delle abitazioni, ed in egual misura, mi rispose il noleggiatore dell’auto, comunicandomi che il giorno in cui sarei partito, mi sarebbe bastato lasciare la vettura al molo, con le chiavi inserite.

Due unici piccoli supermercati, riforniti tra l'altro solo un paio di giorni a settimana, e diverse spiagge da sogno ubicate prevalentemente sulla costa ovest,

 

oltre a "The Baths", un posto unico al mondo, costituito da immensi roccioni di lava vulcanica risalenti a milioni di anni fa, che formano tutta una serie di labirintiche grotte riempite di acqua di mare, attraversabili in una ventina di minuti tramite delle corde e 2-3 rampe di scale in legno appositamente collocate al fine di ideare un sentiero che le attraversa, partendo dalla bella spiaggetta denominata Devil’s Bay ed arrivando in una serie di piscine naturali contornate dalle suddette gigantesche rocce.

 
 

 


A Tortola vive circa l’80% degli abitanti delle Isole Vergini Britanniche e può essere considerata il centro più importante a livello mondiale circa la registrazione di società offshore. E’ un’isola abbastanza grande, con rigogliose vette aguzze e belle spiagge. La sua capitale Road Town è una cittadina poco attraente, rumorosa e trafficata, ma allontanandosi dalla stessa, s’incontrano spiagge degne di nota, più o meno frequentate, e con caratteristiche assai diverse tra loro. Su tutte, in base alle mie personali preferenze, una menzione speciale va sicuramente a Smuggler’s Cove seguita dalla celebre Cane Garden Bay (foto seguente a destra)

 

autentico stereotipo delle British Virgin Islands, e per questo discretamente frequentata in inverno, ma pressoché deserta durante i mesi estivi. La lunga e bianchissima spiaggia  incarna il senso stesso del tropico e presenta alcune semplici sistemazioni, oltre a qualche gradevole beach bar, che diffonde nell’aria il ritmo sincopato della musica reggae. Sebbene sia abbastanza dislocata e non semplice da raggiungere in virtù di alcuni tornanti da luna park e svariati tratti di strada fortemente scoscesi, abbiamo deciso di soggiornare a Cane Garden Bay, usandola anche come base per visitare l’isola, sebbene la bellezza e l’assoluta tranquillità della stessa, ci tentavano ogni giorno a non abbandonarla.


St. John, vale da sola il viaggio.
Due terzi dell’isola sono costituiti dal Virgin Island National Park e qui il concetto di Parco nazionale è da intendersi nel senso letterale del termine, a differenza di parecchi posti  visitati nel mondo, dove talvolta tale appellativo era prettamente aleatorio.
Difficile descrivere la sua esplosiva bellezza, costituita da un’ impenetrabile vegetazione tropicale, decine di sentieri escursionistici, numerose spiagge tutte meritevoli, una più bella dell'altra, che vanno dalla celebre e frequentata Trunk Bay, praticamente un'icona delle Vergini, ma realmente bella da togliere il fiato,

 

ad altre meno conosciute come Leinster Bay, raggiungibile solo tramite un sentiero sterrato di diverse centinaia di metri, e completamente isolata.

La natura regna ovunque sovrana, sia sopra, che sotto il pelo dell'acqua.
Partendo da riva, non c’è giorno in cui facendo snorkeling non s’avvistano razze e tartarughe, quest’anno erano addirittura frequenti anche gli incontri con squali e tarpon, mentre
guidando lungo le sue ripide strade, le quali si snodano attraverso una fittissima foresta tropicale, non di rado la carreggiata viene attraversata da daini e curiosi asini selvatici. Essendo statunitense, St. John è inevitabilmente un’isola più scafata rispetto alle britanniche, ma niente di trascendentale, poiché ci sono solo un paio piccoli centri abitati, tra cui Cruz Bay, piccolo porticciolo dalla tipica atmosfera da porto caraibico, dove abbiamo fatto base sull’isola durante la nostra permanenza per due anni consecutivi. Cruz Bay annovera qualche ristorante, un pugno di bar che si animano durante l’happy hour serale, ed un paio di supermercati molto ben forniti. I suoi abitanti non hanno la semplicità tipica degli abitanti di Virgin Gorda od Anegada, la sera gira anche qualche ubriaco e qualcuno visibilmente fumato di ganja, ma parliamo ovviamente della poca gente concentrata in un minuscolo centro abitato e di sporadici casi, che nulla posso togliere alla magia di St. John.

Osservando queste foto, oggi, ed associandole all’esplosione di sensazioni e ricordi per sempre vivi nella mia mente, comprendo ancor più come un viaggio non termini mai realmente dopo la conclusione materiale dello stesso, ma continui per sempre, lungo un sogno.

                                                                                                                                                                          Benedetto Antonucci