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Arcipelago di Trang (Dicembre 2008 - Gennaio 2009)

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I gioielli di Trang

 

E’ ormai notte fonda, quando dalla finestra socchiusa della mia camera scorgo in lontananza le festose ed intermittenti luci colorate di qualche albero, simboli ad effetto di un inflazionato copioso Natale appena trascorso. E’ ormai notte fonda e c’è silenzio ovunque, ma non riesco a dormire. Succede ad ogni vigilia di un viaggio, quando la fantasia s’impossessa fugacemente della realtà, inducendomi a fantasticare su cosa effettivamente mi aspetterà dall’altra parte del mondo. Mi succede sempre, anche quando si tratta di tornare ancora una volta in un paese dove negli ultimi anni siamo spesso stati, quale appunto la Thailandia.  

L’aereo della Thai Airways atterra a Bangkok con oltre una decina di minuti di ritardo, non ci era mai successo, e proprio oggi non ci voleva. Già, perché abbiamo letteralmente i secondi contati a causa di quel benedetto volo, che ci vedrà costretti a cambiare aeroporto in tempi da record, anche grazie alla complicità della Nok Air, la quale, qualche giorno dopo aver acquistato i biglietti online, ha ben pensato di anticipare la partenza di un’ora circa. In sostanza, disponendo complessivamente di appena due ore, dobbiamo lasciare il Suvarnabhumi ed imbarcarci al vecchio Don Muang, sperando nella buona sorte, nonché nella clemenza del famigerato traffico della capitale thailandese.

Meglio non pensarci, sarà quel che sarà… ma talvolta le piccole imprese riescono, ed è giusto raccontarle per dovere di cronaca, anche se francamente sconsiglio a tutti di provare ad emularle. 

Eccoci dunque atterrare al piccolo aeroporto di Trang, dove non c’è traccia di sole, mentre il caldo di certo non manca. Avendo ricevuto la conferma dei nostri voli intercontinentali quasi in extremis, solo dopo un’interminabile lista d’attesa durata circa un paio di mesi, ed essendo il periodo a ridosso del capodanno uno dei più inflazionati turisticamente, non siamo riusciti a reperire un alloggio sulle isole che avevamo scelto, ed abbiamo trovato posto unicamente sulla terraferma, presso il lussuoso Amari Trang Bech Resort http://www.amari.com/trangbeach/ che abbiamo tra l’altro prenotato per il rotto della cuffia (il giorno dopo risultava a sua volta tutto esaurito) tramite il sempre efficientissimo Asiatravel http://www.asiatravel.com/ . Con il senno di poi, malgrado il mare che lo lambisce lasci parecchio a desiderare, posso dire che la scelta è stata davvero felice, poiché il resort, il quale in compenso sorge isolato lungo una discreta spiaggia interminabile, offre un rapporto qualità-prezzo a dir poco eccezionale, ed è ubicato in maniera tale da poter in giornata visitare agevolmente le varie isole che fanno bella mostra di sé al largo della costa. Trovandosi inoltre a brevissima distanza dal villaggio di Pakmeng, consente di avere infinite possibilità sia di reperire ad un buon prezzo una barca per effettuare le escursioni giornaliere, che di poter disporre di varie alternative per la cena. Sarà la nostra base durante questa vacanza, nella quale dedicheremo ogni singolo giorno alla scoperta di un’isola. 

Il giorno dopo splende il sole, e salpiamo in long tail boat di buon mattino alla volta di Koh Kradan, definitiva da molti come la perla delle isole nella provincia di Trang. Il mare è estremamente calmo, ed il paesaggio che si sussegue ci ricorda molto quello della provincia di Krabi, con la visuale in lontananza di numerosi rilievi carsici dalle svariate forme, che emergono come per incanto dall’acqua. Dopo un’ora di navigazione circa giungiamo a destinazione, sbarcando su una farinosa e lunga spiaggia bianca, dove non c’è ancora nessuno. Nel mare, trasparentissimo, si intravedono facilmente alcune stelle marine. Ci tuffiamo impazienti, restando come ammaliati dal panorama offerto da un’acqua estremamente cristallina, che solo dopo alcune decine di metri sembra acquisire colorazione, tingendosi progressivamente di diverse tonalità di azzurro, e perdendosi infine a ridosso di alcune isole che sembrano sostanzialmente dipinte lungo la linea dell’orizzonte. Koh Kradan fa parte del parco nazionale di Hat Chao Mai, ed annovera una solo struttura in cui è possibile soggiornare, ovvero il Koh Kradan Paradise Resort http://www.kradanisland.com/  i cui alloggi sono costituiti da piccoli e claustrofobici bungalow estremamente basilari. Presto arrivano altre barche, dalle quali sbarcano numerosi turisti, che tuttavia affolleranno per nostra fortuna solo il tratto iniziale della bella spiaggia, tanto che basterà allontanarsi di appena qualche decina di metri, per trovarsi nuovamente in perfetta solitudine. L’isola presenta a tutti gli effetti le caratteristiche peculiari del classico eden tropicale da cartolina, e da sola vale a mio avviso un viaggio da queste parti, sebbene rimaniamo abbastanza delusi da un mediocre snorkeling praticato e, soprattutto, da alcuni cumuli di rifiuti che ho trovato all’interno, i quali stonano decisamente con il concetto di parco nazionale e con il contesto idilliaco in cui ci troviamo, mentre ci inducono contestualmente a riflettere seriamente sull’avvenire di questi posti paradisiaci. 

All’indomani, stessa barca, stesso sole, stesso mare, ma spiaggia differente.

Ci dirigiamo infatti a Koh Mook, dove arriviamo dopo una mezz’ora circa, fermandoci con la long tail in un punto apparentemente privo d’interesse sotto un imponente scogliera, ma dove in realtà si cela quella che rappresenta probabilmente la più famosa attrattiva dell’intera provincia di Trang, conosciuta localmente con il nome di Tham Morakot, la celeberrima grotta di smeraldo. Qui, una volta tuffatici nell’acqua profonda, il nostro barcaiolo si munisce di una piccola torcia elettrica e ci fa cenno di seguirlo nel tunnel, che percorriamo per un breve tratto nel buio assoluto, fino a quando non iniziamo a vedere nuovamente alcuni spiragli di luce in lontananza provenienti dalla parte opposta. Ottanta metri complessivi per giungere presso una spiaggia interna lambita da limpide acque verdognole. Un posto estremamente straordinario, va detto, sebbene manchi quella magia dovuta all’esclusività a cui si ambirebbe, sopraggiungendo in breve dal tunnel diverse vocianti comitive, che riempiono sostanzialmente la spiaggia, colorandola di arancione con i loro giubbotti salvagente. Quando si avvicina mezzogiorno, il sole fa tuttavia penetrare verticalmente i raggi solari all’interno della lunga cavità naturale scavata nella scogliera calcarea, illuminando come d’incanto l’acqua sottostante di un acceso color verde smeraldo.

Malgrado tutto, il posto è un’autentica ed imperdibile meraviglia della natura.

Resto compiaciuto ma nello stesso tempo estremamente sorpreso da Valentina, la quale è entrata con noi nella grotta senza battere ciglio, mostrando un’incredibile disinvoltura. Sale sulle long tail e si tuffa in mare aperto come se lo avesse sempre fatto, ma soprattutto, sembra non aver paura di niente e nessuno e, malgrado i suoi sette anni, si adatta facilmente ad ogni situazione.

Ci rechiamo successivamente sulla principale spiaggia dell’isola, denominata Hat Farang, la quale non si presenta bianchissima, ma annovera in compenso acque limpide e belle palme da cocco. Qui regna un’atmosfera decisamente informale, con un paio di strutture molto spartane, mentre l’unico alloggio più confortevole, il quale occupa gran parte della stessa spiaggia, è rappresentato dal Charlie Beach Resort  http://www.kohmook.com/ dove anche noi pensavamo di soggiornare dall’Italia, non trovando però disponibilità. Trascorriamo in loco l’intera giornata, pranzando tra l’altro nell’annesso ristorante del complesso, nel quale consumiamo qualche insipido e mediocre piatto thai fortemente adattato al palato occidentale. Il luogo pare essere frequentato prevalentemente da nordeuropei e sembra abbastanza accogliente per le famiglie, disponendo oltretutto di un apposito menu per bambini. Con il senno di poi non dormirei però qui, e preferisco di gran lunga soggiornare in un posto dove, una volta superato il cancello d’ingresso, ci sono più locali che turisti. Dalla Farang Beach, infatti, per raggiungere la parte est dell’isola ed il relativo villaggio di pescatori, occorre percorrere per oltre mezz’ora un sentiero che si snoda attraverso una foresta costituita prevalentemente da piantagioni di caucciù, il quale ha rappresentato per anni la fonte di principale sostentamento degli isolani assieme alla pesca. All’interno e nella parte opposta dell’isola sorgono altri spartani complessi di bungalow, oltre al Sivalai, un nuovo elegante resort http://komooksivalai.com/ che intravediamo dalla barca sulla via del ritorno. 

Tutte le sere, una volta tornati all’Amari, ne approfitto per fare una breve passeggiata lungo la strada statale, fino al ponte che sovrasta il fiume, dove diverse persone, con invidiabile maestria, tirano su dall’acqua qualche pescione con delle rudimentali lenze. L’odore della carbonella si dissolve nell’aria. Ci sono un paio di piccoli chioschi che vendono cibo e bevande varie, sovente gestiti da ragazze che presentano abiti tradizionali del sud, sempre pronte a regalarti un sorriso. Sostanzialmente nessuna delle persone da noi conosciute parla inglese, ma questa sembra quasi una costante anche all’interno dell’Amari, dove, malgrado il livello internazionale della struttura, gli inservienti hanno spesso serie difficoltà, talvolta anche presso la stessa reception. Un altro fattore che ci ha un po’ colpiti, è che nessuno di coloro che ci ha reso un qualsiasi servizio a Trang ha fatto il minimo accenno di pretendere la mancia, anzi, in realtà, quando siamo stati noi ad elargirla, ci è sembrato decisamente sorpreso, ed in un paio di casi ha anche accennato di rifiutarla, mostrando un notevole imbarazzo. Malgrado il turismo sia in netto progresso, mi sembra di intuire che siamo ancora abbastanza distanti da certe consuetudini ormai radicate nei principali luoghi di villeggiatura thailandesi e non scorderò mai il disagio recatomi anni fa da un facchino di un hotel di Bangkok, che di fatto non si muoveva dalla camera in attesa di ricevere qualche baht, che in quel momento però non avevo. In certi casi la barriera linguistica impedisce di fatto la socializzazione, che malgrado i pochi termini da noi imparati negli anni e comunque sempre mal pronunciati, non può che ridursi a semplici gesti, conditi da altrettanti sorrisi. Proviamo vari ristoranti a Pakmeng, tutti principalmente specializzati in piatti di pesce. La sera pullulano di thailandesi, che tendono ad affollarli, animando altresì la spiaggia adiacente, che si riempie letteralmente di tavolini nella parte centrale, mentre gli estremi sono caratterizzati da improvvisati fuochi, su cui diverse famigliole allestiscono invitanti barbecue. Tra i vari ristoranti, proviamo quello blasonato del Laytrang Resort  http://www.laytrang.com/ che però non ci soddisfa, mentre  assegniamo senza dubbio la palma del migliore allo Yok Yor, al cui aspetto decisamente poco consone per i fanatici dell’igiene, si contrappone una cucina a nostro avviso di prim’ordine. Qui, solo l’anziana proprietaria parla inglese, mentre il resto degli inservienti, costituito da figlie e nipoti, stentano davvero a comprenderci e si rivolgono prevalentemente alla nutrita clientela thai, che accompagna le proprie pietanze con birra annacquata dal ghiaccio o whisky diluito con acqua e medesimo ghiaccio. Osservando i loro tavoli, oltre ai nostri piatti favoriti, ordiniamo delle pietanze che si dimostrano incredibilmente gustose, oltre che piccanti a tal punto da farci bruciare la lingua per una buona decina di minuti.  

Oggi è il giorno programmato per un’escursione al di fuori dai classici circuiti turistici, sebbene siamo un po’ titubanti circa l’effettiva riuscita della stessa, non avendo l’agenzia di Trang, contattata tramite internet, preteso nulla in anticipo. Invece, con una puntualità impressionante, vengono a prelevarci in hotel, conducendoci al nuovo imbarcadero di Had Yao, dove salpiamo velocemente a bordo di una speed-boat alla volta del Parco Marino di Mu Ko Phetra, il quale annovera una trentina di isole disseminate tra la provincia di Trang e quella di Satun. Sul motoscafo, oltre a noi ci sono Ying, una simpaticissima ragazza dell’agenzia, e tre membri dell’equipaggio. Mr. Bjin, che non è ovviamente quello dei telefilm, ma il cordiale proprietario di origini cinesi della speed-boat, ci mette subito a nostro agio dicendoci qualcosa sulle varie isole che di volta in volta intravediamo, ed è comunque strano avere la reale cognizione geografica di questi posti, visti finora decine di volte solo su un cartina. La giornata è bellissima, caratterizzata da un cielo incredibilmente azzurro e da un mare estremamente calmo su cui procediamo velocemente, fino a non intravedere più la costa lasciataci alle spalle, ed accompagnando spesso con le nostre grida di stupore i lunghi balzi di alcuni branchi di pesci volanti, che sembrano a tratti superarci in velocità. E’ davvero tutto così incantevole. Dopo tre quarti d’ora circa iniziamo a scorgere nitidamente le alte sagome seghettate della nostra prima destinazione, a cui ci avviciniamo poco dopo, procedendo a motore spento su un’acqua incredibilmente verde, la cui visibilità dei fondali è davvero notevole. Siamo giunti a Koh Lao Liang Nuea, separata da un profondo canale dalla più grande Ko Lao Liang Tai, occasionalmente abitata dagli zingari di mare. Entrambe, lontano da tutto e tutti, sembrano costituire un sogno tropicale al di fuori del tempo.

Attraversiamo in breve il piccolo campeggio semideserto, chiamato fin troppo ambiziosamente resort, le cui tende sono davvero la brutta copia di quelle mostrate sul relativo sito http://www.laoliangresort.com/index.html. Le cose che più colpiscono, oltre ovviamente alla bellezza selvaggia del posto, sono il silenzio e la tranquillità. Un paio di turisti in kayak ed altri due che scalano il grande sperone roccioso che si staglia a picco su un mare di giada. Poi, il nulla assoluto, ed un avvolgente silenzio quasi inquietante, il quale non viene interrotto nemmeno dal rumore del mare, incredibilmente immobile. Sembra davvero il posto ideale per chi desidera estraniarsi dal mondo. Ci immergiamo in acqua, i cui fondali, disseminati da coralli dagli spenti colori, digradano molto lentamente. Lo snorkeling non è infatti inizialmente entusiasmante, almeno fino a quando non nuotiamo verso la scogliera, sotto la quale i fondali si inabissano progressivamente, e dei magnifici coralli rosa ubicati lungo la parete sommersa ci appaiono intatti in tutto il loro splendore. Trascorriamo qualche ora sul posto, dopodichè ci dirigiamo presso la nostra prossima meta, ovvero la vicina e disabitata Koh Takieng, circondata da coralli che arrivano sino a riva, già ben visibili dal motoscafo da diverse decine di metri di distanza, grazie all’incredibile trasparenza del mare. Qui troviamo solo un paio di long tail ancorate al largo, con dei turisti orientali intenti a far snorkeling, probabilmente provenienti dalla non distante Koh Sukorn, ma per il resto regna l’assoluta tranquillità. Sostiamo presso una piccola spiaggetta, una delle poche presenti su quest’isola prevalentemente rocciosa, dove improvvisiamo un piccolo picnic, dopodichè ci dedichiamo allo snorkeling, che, grazie alla nutrita presenza di pesci multicolori e coralli duri, si presenta all’altezza della situazione già a poche pinnate da riva. Facciamo successivamente con Patrizia un piccolo giro orientativo, mentre Valentina si diverte con Ying a cercare conchiglie. Troviamo una sorta di piccolo tempietto improvvisato, probabilmente allestito dalle locali comunità di pescatori, che si spostano di isola in isola. La spettacolare visuale in lontananza delle due Lao Liang a sinistra e di Koh Phetra a destra, associata alla trasparenza del mare su cui affiorano i coralli, al senso di quiete assoluta, alla giornata soleggiata ed al verso degli uccelli proveniente dalla boscaglia all’interno, ci danno quasi la percezione di trovarci in un luogo irreale, dai tratti assolutamente fiabeschi.

Salpiamo velocemente in direzione di Koh Phetra, la quale ci appare lungo la linea dell’orizzonte in una forma spettrale, quasi fosse una gigantesca cattedrale gotica ornata da guglie asimmetriche, per qualche misterioso motivo posizionata casualmente sul mare. L’isola è data in concessione ad una società che gestisce la raccolta dei nidi di rondine, il cosiddetto oro del Mar delle Andamane, il cui prezzo al chilo può facilmente costare diverse centinaia di euro. Proprio per questo, causa motivi di sicurezza, viene sconsigliato e di fatto pressoché proibito ai turisti di avvicinarvisi. Iniziamo a circumnavigarla dal lato occidentale ad alcune decine di metri dalla sue frastagliate coste, ed una volta giunti sul lato est, intravediamo una lunga striscia di sabbia, alla quale ci avviciniamo lentamente. Il mare, da blu scuro diventa rispettivamente azzurro, celeste, ed infine verde, assumendo progressivamente una grande trasparenza. Sulla spiaggia, in realtà molto più lunga di quanto si mostrasse in lontananza, c’è solo una bassa costruzione dal tetto in lamiera ubicata sulla parte destra, con degli uomini sdraiati su delle amache. Mr. Bjin chiede se possiamo sbarcare per un po’ di tempo. Segue una lunga conversazione per noi ovviamente incomprensibile, ma poi, probabilmente in via del tutto eccezionale, ci concedono il permesso e scendiamo dunque sulla borotalcosa sabbia. Patrizia e Valentina si tuffano subito in acqua. Io faccio quattro passi lungo la spiaggia da cui sbucano continuamente piccoli granchi, osservando il posto in cui siamo arrivati da una diversa prospettiva E’ sensazionale. Acqua letteralmente di cristallo i cui bianchi fondali vengono fatti brillare dal sole, lunga spiaggia deserta con fitta vegetazione alle spalle, enormi picchi rocciosi che spuntano occasionalmente dall’adiacente foresta e si stagliano su un cielo azzurrissimo. Poi le mie donne, i tanti pesci colorati nell’acqua, le sagome delle svariate isole in lontananza. Vorrei fermare il tempo e restare qui all’infinito, perdendomi per sempre in questo remoto rifugio andamano dove sembra esserci magia ovunque.

Con l’entusiasmo alle stelle prendiamo la via del ritorno, salutando quest’isola che ha saputo regalarci infiniti attimi di estasi. Il mare sembra un’enorme distesa di olio azzurro, ed intravediamo lungo il percorso numerose long tail condotte da pescatori locali. Sostiamo presso un’incantevole laguna della gigantesca Koh Libong, l’isola più grande della provincia di Trang ed habitat naturale di alcune decine di ultimi esemplari di dugongo. Il tempo di concederci un altro bagno in queste verdi acque immobili, con un paio di macachi che fanno capolino dall’adiacente impenetrabile vegetazione, e ripartiamo di gran carriera verso la terraferma, mentre lo scenario alle nostre spalle inizia a tingersi di rosso, ed è tutto veramente straordinario. 

In breve ci accordiamo per ripetere l’esperienza il giorno seguente, scegliendo questa volta come destinazione le più lontane Koh Rok, due isole annoverate nel Mu Ko Lanta National Park ed appartenenti alla provincia di Krabi, che raggiungiamo dopo un’ora e dieci minuti di speed-boat. Gettiamo l’ancora ad una trentina di metri dalla costa della disabitata Koh Rok Nai, tuffandoci in acque incredibilmente trasparenti e ricchissime di vita sottomarina. Snorkeliamo un’oretta indisturbati tra numerose specie di pesci e bellissimi coralli intatti, prima di attraccare sulla vicina Koh Rok Nok, separata dalla prima da uno stretto braccio di mare, che assume colorazioni e trasparenze incredibili. Anche la spiaggia, molto bianca, qui a Koh Rok Nok si protrae immacolata per centinaia di metri. Entriamo nella boscaglia, al cui interno sono ubicate la stazione dei ranger ed il campeggio, iniziando a percorre il sentiero in salita che conduce ad un bel punto panoramico, da cui godiamo di una bella visuale dall’alto dell’isola. Al ritorno, l’amara sorpresa. Infatti, la spiaggia che avevamo lasciato deserta si è riempita di gente sbarcata da decine di motoscafi allineati lungo un’enorme fila. Provengono per la maggior parte dalla vicina Koh Lanta, come intuiamo dalle scritte presenti sulle fiancate. Come se non bastasse, inoltre, il cielo si è completamente coperto di nuvole, sottraendo quasi violentemente al mare quell’eccezionale colorazione verde smeraldo che lo caratterizzava. Resta ben inteso che lungo l’immensa spiaggia c’è posto per tutti, e che semplicemente passeggiando per una decina di minuti si torna ad esser soli, ma ragionando prettamente in termini egoistici, posso però facilmente asserire che non è la stessa cosa. Rimaniamo l’intera giornata a Koh Rok, dove restiamo nuovamente in solitudine quando, ad un orario sostanzialmente comune, tutti i motoscafi improvvisamente ripartono. Facciamo ancora dello straordinario snorkeling, sia in punti davvero isolati, che in altri dove degli enormi barconi vomitano decine di vocianti turisti armati di fluorescenti giubbotti di salvataggio. In queste acque ho visto grandiosi coralli ancora vivi, ed una fauna sottomarina non comune. Credo però che questo forte impatto a cui lo straordinario ambiente circostante è sottoposto, produrrà ben presto effetti devastanti e purtroppo sicuramente irrimediabili. 

La nostra ultima giornata la trascorriamo a Koh Ngai, che raggiungiamo facilmente in tre quarti d’ora di long tail. L’isola, facilmente visibile anche dall’Amari, appartiene alla provincia di Krabi, ma si raggiunge molto più agevolmente da Pakmeng, da cui salpano diversi traghetti al giorno. Il tempo è sfortunatamente molto peggiorato, ed il luogo non ci appare pertanto nella sua reale bellezza, essendo il mare mosso ed iniziando anche a piovigginare. Facciamo una passeggiata sulla lunga e bella spiaggia bianca, dove si alternano varie sistemazioni, le quali sembrano essere proliferate in breve negli ultimi anni. Concordiamo che il posto è sicuramente piacevole, anche se, non essendo l’isola abitata da comunità locali, è dedita e frequentata esclusivamente da turisti.  

Ceniamo per l’ultima sera allo Yok Yor, dove l’anziana proprietaria, che le prime volte ci aveva trattati con estrema freddezza, ci consiglia di sua iniziativa alcuni piatti da provare, dopodichè  si siede al nostro tavolo e ci spiega alcune usanze thai, sotto lo sguardo divertito degli altri avventori locali. La saluto dicendole che siamo stati benissimo a Trang, e che è stato un piacere conoscerla. Mi saluta a sua volta visibilmente compiaciuta, mostrando di aver gradito le mie parole e ci accompagna alla macchina. Sarà l’effetto della Singha, o più semplicemente la malinconia, ma vorrei abbracciarla. 

All’indomani lasceremo Trang in direzione Krabi, dal cui aeroporto raggiungeremo Bangkok e quindi Kanchanaburi, dove trascorreremo alcuni giorni sul fiume Kwai, ma questa è un’altra storia. Difficilmente scorderemo le intense giornate vissute sulle paradisiache isole al largo di queste coste, e ci rammarichiamo poiché la provincia ha molto da offrire anche al suo interno.

Un motivo in più, pensiamo, per salutarla con un arrivederci. 

E’ ormai notte fonda, e complice il fuso orario stento a prender sonno. E’ ormai notte fonda, quando qualche sirena infrange il silenzio metropolitano rincorrendosi nel freddo, ma laggiù, nel profondo sud di un paese dove la gente è abituata a sorridere, laggiù dove il freddo non esiste, qualche long tail starà già solcando un mare incantato alla ricerca di qualcosa, che probabilmente rasenta il paradiso.

                                                                                       Benedetto Antonucci